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Jensen, Johannes Vilhelm.

Poeta e scrittore danese. Dopo aver interrotto gli studi di medicina si dedicò completamente all'attività letteraria, esordendo come autore di racconti d'appendice e di romanzi di ispirazione decadente secondo la moda letteraria del tempo, quali Danesi (1896) e Einar Elkjaer (1898). Negli anni successivi elaborò uno stile maturo e personale, libero da qualsiasi influsso del Decadentismo, al quale anzi reagì con decisione con opere improntate a un esaltato vitalismo. In questo senso si rivelò fondamentale l'attività giornalistica svolta da J. negli ultimi anni dell'Ottocento; corrispondente di numerosi giornali da Spagna, Germania, Francia, America, riportò le proprie impressioni di viaggio con una prosa limpida, rapida e concreta che adoperò anche nei romanzi Madame d'Ora (1904) e La ruota (1905). Autore del romanzo storico La caduta del re (1900-01), che ricostruisce la vicenda del re Cristiano II, e delle novelle raccolte in Racconti dell'Himmerland (1898-1910), dettate dall'amore per la propria terra natale, J. riscosse ampio successo con il ciclo romanzesco Il lungo viaggio (1908-22). Nei sei romanzi che lo compongono, J. tentò di ripercorrere la storia dell'uomo nordico dagli albori della civiltà all'epoca di Cristoforo Colombo, personaggio interpretato come simbolo della finale vittoria dell'uomo sulla natura e dell'inarrestabile progresso della civiltà; nella narrazione J. riprese, inoltre, le teorie razziali ed evoluzionistiche che avrebbe poi chiaramente esposto nei saggi Estetica ed evoluzione (1923) e Evoluzione e morale (1925). L'intensa attività saggistica comprende, fra gli altri, il volume Il Rinascimento gotico (1901), ispirato al viaggio americano e imperniato sull'esaltazione delle popolazioni "gotiche", cioè germaniche e anglosassoni, Introduzione al nostro tempo (1915), Miti (1907-14), che riunisce prose varie. Importante nella storia della poesia danese fu anche l'opera lirica di J.: in particolare la raccolta giovanile Digte (1906) segnò una fondamentale novità in un panorama poetico piuttosto arretrato ed estraneo alla vivacità culturale dell'Europa di inizio Novecento. Nel 1944 gli fu conferito il premio Nobel per la letteratura (Farsö, Jütland 1873 - Copenaghen 1950).